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"Tale aspetto è ben noto ai sedicenti sovranisti che, non a caso, hanno abbandonato un linguaggio euroscettico con largo anticipo rispetto alla salita al potere, in modo da mantenere la popolazione all’oscuro di quanto accade realmente.
D’altronde è più semplice far finta di essere pro italiani respingendo qualche barcone, che prendere a calci nel culo JP Morgan o Goldman Sachs… e sul punto vi dirò un segreto, il problema dei migranti è sempre un frutto avvelenato del liberismo, solo spazzando via i grandi accentramenti di ricchezza, ormai consolidatisi nelle mani di pochi, è possibile intervenire anche su questo aspetto.
Alla fine è un compromesso accettabile oppure no? Soffrire un po’ di tempo per poi essere liberi e di esempio al mondo intero è un prezzo che possiamo pagare? Voi che non ricevete, a differenza di Borghi e Bagnai, un cospicuo bonifico ogni mese per prendere per il culto gli italiani forse potere essere d’accordo con me…"
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Nel merito dei fatti
vi rammento che il programma di governo si è posto fin dal principio in ottica
collaborazionista. Infatti, anziché essere diretto al riscatto della sovranità,
è diretto ad attuare ulteriori cessioni della stessa rafforzando, cito
testualmente dal punto 29 dell’accordo di governo, incisività e capacità
decisionale dell’UE nelle materie di sua esclusiva competenza. Sempre il programma
di governo parlava di cittadinanza europea e della necessità di portare avanti
il processo d’integrazione.
Peraltro il Presidente
Conte, intervistato da Il Fatto Quotidiano, non poteva essere più esplicito sul
punto, emulando un vecchio adagio di Mario Draghi, ha tuonato: “l’euro è
irreversibile”.
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Conte: “l’euro è irreversibile”.
· By Marco Mori in In Evidenza, News
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Che il governo
giallo-verde non fosse un governo sovranista doveva essere chiaro immediatamente
a qualsiasi persona che si fosse informa sui fatti e i contenuti, anziché sugli
spot televisivi. Il mio no al corteggiamento della Lega Nord è stato
determinato proprio da questa consapevolezza ovviamente, consapevolezza che
traeva origine da fatti oggettivi ed incontestabili.
Sovranità e dunque
essere sovranisti significa voler riscattare l’indipendenza e il potere
d’imperio della nazione per esercitarlo in conformità con la nostra
Costituzione, che come noto mette al bando l’ideologia liberista ponendo
all’iniziativa privata il paletto invalicabile dell’utilità sociale.
Attuare politiche
sovraniste implica quindi restituire l’Italia al nostro popolo e ripristinare
la democrazia, oggi sospesa per volere di gruppi di potere economico
sovranazionali, che neppure si nascondono più. Ormai il potere economico
interagisce sfacciatamente e pubblicamente con la politica, attraverso le
associazioni che ha creato.
Al contrario,
qualsiasi posizione che invece comporti una negoziazione dei limiti imposti dal
vincolo esterno non appartiene al sovranismo, ma al collaborazionismo.
Accettare di migliorare la vita in cella è ben diverso dal decidere di rompere
la gabbia.
Eloquente sul tema un
recente tweet di Claudio Borghi, a cui inevitabilmente ho dovuto rispondere con
una “botta” di cretino. Ma se l’è meritata tutta, perché è difficile leggere
certe idiozie da chi diceva di stare dalla tua stessa parte.
Paolo Savona, gruppo
Aspen (a proposito di poteri economici sovranazionali), ha messo al primo punto
della sua personale agenda la creazione della cittadinanza europea. Inutile
sottolineare che se esiste un cittadino europeo, deve necessariamente esistere
anche uno Stato europeo. Ed ecco il punto centrale, la bussola del governo, è
quella di traghettarci verso gli United State of Europe, senza reazioni
popolari tali da fermare il processo.
Ovviamente la carota
per spingerci ad accettare le ulteriori cessioni di sovranità necessarie a
completare il progetto europeo sarà, come già ventilato dagli esponenti del
governo, quella della fine dell’austerità. Essa sarà attuata attraverso la
creazione di una banca centrale prestatrice illimitata di ultima istanza, punto
ormai condiviso da tutti i paesi europei stremati da una crisi interminabile.
Tuttavia, a riprova
che gli USE non saranno una democrazia, la banca resterà completamente
indipendente dalla politica. Questo è un punto centrale e fondante poiché, in
sostanza, chi controllerà la Banca Centrale imporrà necessariamente, come
avviene oggi, l’agenda politica. Gli ex cittadini, ormai ridotto al ruolo di sudditi,
saranno tenuti ad un livello accettabile di sopravvivenza affinché non si
ribellino.
Conseguentemente a
questa scelta di campo, una scelta ribadiamolo collaborazionista e rilevante
sul piano penale oltre che necessariamente drammatica negli effetti che avrà,
si è posta la linea sulla governance economica annunciata dai Ministri Tria e
Savona. Riduzione della spesa corrente, prosecuzione delle riforme (alla faccia
della discontinuità con i governi precedenti), aumento dell’avanzo primario,
taglio delle pensioni, completamente dell’Unione Bancaria (ovvero distruzione
del risparmio), potenziamento ed impiego del MES, il meccanismo europeo di
stabilità che in cambio di prestiti imporrà coattivamente le consuete riforme
di lacrime e sangue, diventando così una specie di Fondo Monetario europeo.
Il taglio delle
pensioni è peraltro la vera chicca dell’accordo preso da Conte al Consiglio
Europeo del 29 giugno scorso in cui ha approvato le raccomandazioni specifiche
fatte all’Italia per la chiusura del semestre europeo. Esse contemplano
espressamente detto taglio oltre che l’inasprimento dell’austerità. Infatti per
l’ultimo passo avanti verso l’integrazione europea sarà prima necessaria la
presenza di una crisi visibile e conclamata.
Ecco che il criminale
metodo di governo della moneta unica, causa unica della crisi, mezzo per
obbligarci a cedere la sovranità nazionale (come ha confessato anche un certo
sicario della Commissione Trilaterale chiamato Mario Monti), viene
cristallizzato per sempre anche nell’immaginario collettivo.
Ovvio infatti che
simili dichiarazioni, fatte da un governo oggi amato dal popolo, che ovviamente
non può, suo malgrado, disporre di conoscenze tecniche adeguate per comprendere
immediatamente che, le politiche tanto odiate con il PD non sono affatto finite
ma hanno solo cambiato il loro esecutore, fanno tornare il sovranismo indietro
di almeno dieci anni.
Perché il pensiero
collettivo a questo punto sarà: “se lo dicono loro che sono al nostro fianco,
allora sarà vero, l’euro si può cambiare e cambiare l’euro è preferibile visto
che uscirne è troppo complicato”. Ovvio che in questo contesto il ruolo di chi
attacca Salvini adducendo la sua essenza sovranista/fascista è assolutamente
funzionale a distruggere il sovranismo stesso. Un’operazione già vista in
passato, come si è usata la sinistra per spazzare via i diritti dei lavoratori,
oggi si usano i finti sovranisti per spazzare via la Repubblica. Operazione
peraltro già vista anche in tempi recenti in Grecia, dove Syriza ha preso per
mano il dissenso è lo ha completamente disattivato. Quando la gente capirà sarà
ovviamente tardi, forse troppo tardi per evitare che si arrivi al consueto
epilogo a cui porta ogni dittatura, il sangue.
Un’ultima stoccata la
dedico a chi ancora, ormai in modo quasi comico, insiste nello sperare in una
strategia nascosta. Chi lo pensa realmente non ha la più pallida idea di cosa
significhi, all’atto pratico, lasciare l’euro.
L’exit non è questione
monetaria, la moneta, ormai dovreste averlo capito, si crea dal nulla in
assenza di qualsivoglia contropartita. Non è un bene finito e per imporre ai
cittadini di usarla e richiederla bastano le tasse. Il problema dell’exit è
dunque legato all’interdipendenza economica tra gli Stati. Fin dagli albori
della nascita delle associazioni di categoria della grande finanza, quali ad
esempio la Trilaterale di David Rockefeller, il punto centrale per mettere il
guinzaglio alle democrazie, e a quel fastidioso impiccio che rappresenta la
sovranità popolare, era trovare un metodo per mettere gli Stati con le spalle
al muro, per ricattarli concretamente.
Ovvio che se il
fabbisogno alimentare, energetico o sanitario, tanto per fare alcuni esempi, di
un popolo dipendono da filiere produttive che non sono sul territorio soggetto
al potere d’imperio di quel popolo stesso, non ci sono margini di manovra. O si
fa ciò che ci chiede chi ci consente di sopravvivere, oppure ci si trova in
immense difficoltà.
L’exit si può dunque
fare in segreto? Il solo pensarlo è idiota. L’exit si può fare solo spiegando
alla gente, per filo e per segno, la gravità del momento, l’importanza della
libertà, valore per il quale è accettabile anche di pagare il prezzo del
sacrificio della proprio stessa vita. La gente dovrà sapere che l’exit non sarà
una passeggiata perché il piano industriale necessario ad avere la nostra
autonomia non sarà pronto dall’oggi al domani. O meglio il piano deve essere
pronto prima di andare al governo, ma una volta lasciata la gabbia, la sua
attuazione pratica è lunga.
Se l’italexit non
comportasse il crollo globale del sistema liberista, cosa auspicabile ma
oggettivamente improbabile, l’Italia si troverà sola (speriamo anche in accordi
bilaterali, ma non si può subordinare la libertà ad essi). Dovremmo rimboccarci
le maniche per superare ogni conseguente difficoltà. Sono appunto prevedibili
mesi se non forse qualche anno, di grandi difficoltà, prima di vedere i
benefici immensi di questa scelta. La tecnologia però, va detto, rende più
facile questa strada di quanto non lo fosse solo pochi anni fa. Oggi
l’autonomia non è più un miraggio e l’Italia, prima che l’euro ci azzeri
completamente, è ancora un Paese di grandi eccellenze.
Ecco quindi, tornando
al tema, che solo il consenso politico, che deriva da una totale comprensione
da parte del popolo della ragione più profonda per cui saranno attuate queste
scelte, potrà consentire di adottare i provvedimenti necessari a tornare un
Paese economicamente autarchico e dunque in cui il popolo sarà pienamente
sovrano.
Tale aspetto è ben
noto ai sedicenti sovranisti che, non a caso, hanno abbandonato un linguaggio
euroscettico con largo anticipo rispetto alla salita al potere, in modo da
mantenere la popolazione all’oscuro di quanto accade realmente.
D’altronde è più
semplice far finta di essere pro italiani respingendo qualche barcone, che
prendere a calci nel culo JP Morgan o Goldman Sachs… e sul punto vi dirò un
segreto, il problema dei migranti è sempre un frutto avvelenato del liberismo,
solo spazzando via i grandi accentramenti di ricchezza, ormai consolidatisi
nelle mani di pochi, è possibile intervenire anche su questo aspetto.
Alla fine è un
compromesso accettabile oppure no? Soffrire un po’ di tempo per poi essere
liberi e di esempio al mondo intero è un prezzo che possiamo pagare? Voi che
non ricevete, a differenza di Borghi e Bagnai, un cospicuo bonifico ogni mese
per prendere per il culto gli italiani forse potere essere d’accordo con me…
Avv. Marco Mori,
CasaPound Italia – autore de “Il tramonto della democrazia, analisi giuridica
della genesi di una dittatura europea”, disponibile on line su ibs
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